Il ritratto di

Augusto Battisti
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Un legame profondo con la propia casa e la propria terra, ritrovato grazie al contatto nella natura, che nel suo costante rinnovarsi, gli regala la sua dimensione più autentica

Quando lo incontri non è sicuramente la quercia il primo albero che ti viene in mente. La sua figura magra e spigolosa, il tono pungente di certe sue parole che non nascondono mai quello che pensa e con cui gli piace spiazzare, lo rendono più simile a un acero campestre, con la corteccia ruvida e irregolare, il fusto lungo e i rami in alto a cercare cieli senza violenza, falsità e indifferenza. Ma è nelle radici profonde che lo legano alla sua terra, da cui non si vorrebbe allontanare, e al suo lavoro, dove nel contatto con la natura ha trovato la sua dimensione, che si nascondono le similitudini con questa grande pianta-rifugio che racchiude in sé tutta la magia della trasformazione. Perché Augusto di cambiamenti ne ha fatti tanti dai tempi delle corse in bici con le sue sorelle, da quando hanno cominciato a chiamarlo Barbo, anche se la barba ancora non l’aveva; passi, strade, svolte che, come il Ragazzo della Via Gluck, l’hanno riportato sulla strada di casa.

Una parola da dedicare al lavoro:

Insegnare ciò che si è imparato